Negli ultimi anni il settore degli animali da compagnia in Italia ha registrato un’evoluzione significativa, con un aumento marcato delle imprese attive nei servizi di cura e benessere. I numeri sulle imprese del settore rivelano infatti una crescita del focus delle imprese di settore dalla produzione e commercio verso i servizi: meno imprese sul lato dell’offerta di cuccioli e mangimi, più spazio per veterinari e servizi di benessere. Un’evoluzione trainata in parte anche dalle nuove abitudini
dei consumatori, nuove priorità per i proprietari di cani e gatti, ma anche nuove opportunità per gli operatori.
Le imprese della pet economy
Il settore pet conta oggi quasi 27.000 imprese attive in Italia. Negli ultimi cinque anni si è assistito a una crescita significativa dei servizi dedicati al benessere degli animali (+32%), con l’apertura di quasi 1.400 nuove attività tra toelettature, pet-sitter professionisti, centri di fisioterapia veterinaria e strutture dedicate a terapie complementari. I servizi veterinari, da soli, hanno registrato un incremento del numero di imprese del 39,4%, in linea con una domanda sempre più orientata alla salute e alla qualità della vita degli animali da compagnia. Nel lungo periodo, il cambiamento è ancora più evidente: tra il 2014 e il 2024, le aziende specializzate nella cura sono quasi raddoppiate (+90,1%), mentre quelle attive nella vendita degli animali sono diminuite del 17,5% un dato tanto forte possa essere per certi versi sorprendente, se si considera che nel periodo covid sono molto aumentati gli acquisti di pet e gli allevatori hanno registrato un forte incremento della domanda di cani e gatti. Nonostante, nel periodo successivo, si sia verificato il fenomeno opposto, con la restituzione di numerosi animali, e nonostante la contrazione degli ultimi anni.
Il numero di pet shop
Risultano in flessione le imprese negli allevamenti dei dei conigli (-21,6%), mentre il calo più consistente riguarda il commercio all’ingrosso di mangimi (-34,3%). Anche la distribuzione specializzata, rappresentata dai pet shop, sta vivendo un momento di ridefinizione. Pur rimanendo un presidio fondamentale per il mercato, i negozi tradizionali registrano un calo complessivo del 10,6% rispetto a dieci anni fa. Se il numero dei fornitori di servizi avanza, gli altri segmenti mostrano invece segnali di contrazione. In particolare, le attività dedicate alla vendita al dettaglio di animali vivi hanno subito un calo del 10,6%. Questo dato si inserisce in una tendenza di lungo periodo che vede una maggiore attenzione alle pratiche di adozione, all’acquisto responsabile e al benessere animale, a scapito di un approccio più commerciale.
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